DECRESCITA O EVOLUZIONE ?
18 giugno 2011
DECRESCITA, TRANS-CRESCENZA, EVOLUZIONE
Metafore fra neoliberismo e gestione partecipata dei beni comuni
Il libero esercizio di critica serve a verificare i concetti e le metafore, cioè le parole-chiave che in un con-testo hanno valore vettoriale, dinamico, trasformativo. Ma Tiziano Cavalieri (Manifesto sabato 18) rileva “contraddizioni” nell’articolo di Viale (Manifesto giovedì 16), mi pare mostrando di non averne colto la portata. Vedo invece coerente alla direzione di Viale la parola “trascrescenza” introdotta da Ugo Oliveri (lo stesso sabato), a proposito della nuova gestione del comune di Napoli. Scriverei e direi “trans-crescenza”, perché anche il suono e il senso sono importanti. Un crescere che trasforma chi cresce, un che di biologico e anche simbolico, che riguarda il lavoro quale bene comune. Contro Viale, che nel suo articolo rifiuta il paradigma della “decrescita” in quanto “ambiguo, speculare a quanto ci viene presentato dagli economisti mainstream”, polemizza Paolo Cacciari (sullo stesso Manifesto di sabato), ribadendone la necessità in senso macroeconomico ed etico. Ma è proprio questo orizzonte del ragionamento che la visione di Viale intende superare, già nella sua formidabile invettiva e sfida alla logica finanziaria che strangola ora la Grecia e domani l’Europa: “il problema è se al passaggio obbligato del default si arriverà dopo aver spolpato lavoratori e popolo di tutto ciò che hanno conquistato nel secolo scorso e aver svenduto alla finanza internazionale tutto il vendibile…oppure se la dichiarazione d’insolvibilità arriverà prima, perché la mobilitazione popolare e il timore della sua moltiplicazione in molti altri paesi avrà imposto al governo greco e all’Unione europea un cambio di rotta”. Quindi fa l’esempio dell’Argentina, dove “lavoratori e comunità hanno preso in mano il destino di molte aziende”. Non perché essi siano in sé migliori, più eguali, sobri e virtuosi degli speculatori finanziari, ma perché, abbattendosi prima su di essi la scure economica, trovino la via d’uscita responsabile, apripista per gli altri. Facendo, come si dice, di necessità virtù, non di virtù necessità (che sembra la linea Latouche-Cacciari). La “conversione ecologica” di Viale è difficile da com-prendere, proprio perché argomenta col massimo raggio possibile l’utopia concreta dei nostri giorni, descrivendone la complessità di articolazioni, a partire da cittadinanza attiva e amministrazione locale (come suo referente più prossimo) fino alle scelte di governo e di governance mondiale. Autonomia energetica, gestione del territorio, agricoltura e riciclo rifiuti locali, implicano nuova ricerca ed educazione (“ciclo materiale e simbolico degli oggetti”), mobilità e consumi condivisi, etc. Non c’è campo in cui non si eserciteranno le virtù, personali e collettive, se il “pensare globalmente” è ecologico (non globale capitalistico), cioè quello del ricostruire, di far-bene-in-comune. E qui voglio ricordare il ruolo ‘costituente’ della poesia, dalla creazione di slogan di lotta alla memoria e alla rifondazione della comunità. Ne parleremo negli incontri dal 23 giugno al 24 luglio nell’ambito di una mostra fotografica sulla poesia performativa a Padova, S.Gaetano (info 3661565099).
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