AUGURI SENOR BERGOGLIO
AUGURI SEÑOR BERGOGLIO
di Nicola Licciardello (SHUNYATA)
Ho passato il Capodanno a leggere le duecento pagine dell’Evangelii Gaudium di papa Francesco, sollecitato dal sensazionale titolo di Scalfari “La Rivoluzione di Francesco abolisce il peccato” – nient’affatto, ovviamente. Anzi, premesso che l’Esortazione non si occupa di questioni teologiche, sui temi sensibili quali l’interruzione di gravidanza, il matrimonio same sex e il sacerdozio femminile, essa riafferma l’intangibilità di tali principi per la Chiesa. Aggiungo che il capitolo sul “dialogo interreligioso” (soltanto con le altre due religioni monoteiste, Islam ed Ebraismo) appare poco pregnante, se non evasivo, rispetto al grandioso impianto della Missiva. E che l’unica voce in difesa della Terra con tutti i suoi esseri viventi è affidata ai vescovi delle Filippine, che stigmatizzano il fango entro cui milioni di insetti periscono a causa dello sfruttamento dei suoli – il che (sia detto sine ira) non ci sembra raccogliere a pieno l’eredità del messaggio di Fraternità metafisica espresso a suo tempo da San Francesco.
Ma fatti questi rilievi, colpisce la struttura magistrale e accuratissima del documento, i rimandi non solo a fonti bibliche ed evangeliche, ma ai Concilii dei Vescovi (America, Africa, Asia, Oceania etc), al Vaticano II e allo stesso Ratzinger – in una volontà, una fede nel ravvedimento ecclesiale e nella riaccensione della Missione evangelica come vocazione originaria del Cristiano (“Andate e predicate”) che ha del titanico, librata com’è su un supposto re-Inizio della storia. Interessanti le varie notazioni sulla gioia (in apertura) e sulla bellezza (Via Pulcritudinis) in cui il Messaggio può diffondersi fra le varie culture, nonché le sottili definizioni delle spiritualità edoniste. Ma – riaffermata la Verità elettiva di una “Chiesa povera per i poveri” – più di tutto inequivocabili, radicali e ‘rivoluzionari’ sono i passi sull’incurabilità del sistema global-finanziario basato sull’individualismo consumistico.
Denunce da fare invidia a Marx sono quelle in cui si smascherano lo sfruttamento fino all’esclusione dalla società dell’uomo ridotto a “scarto”, e che “in tale contesto, alcuni ancora difendano le teorie della presupposta a ogni crescita economica favorita dal libero mercato, che riuscirebbe a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza.” Con altrettanta decisione si lancia l’avvertimento ai poteri: “Oggi da molte parti si reclama maggiore sicurezza. Ma fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza… senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o
mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità” (59).
Denunce in nome della dignità dell’uomo, e di una proprietà privata ammissibile solo se utile al Bene Comune (come nella Costituzione italiana), che hanno reso simpatico l’uomo Francesco – abile ‘performer’ (non meramente mediatico come Giovanni Paolo II) persino nelle studiate pause delle sue omelie, al momento di uno sdegno o di un richiamo al perdono divino – e non ultimo (assieme a Putin) nell’aver contribuito a evitare una nuova guerra. Queste affermazioni pongono una sfida storica a ciò che rimane delle “sinistre”. Se, infatti, è dubbio che le masse crescenti di esclusi possano venir attratte dalla fede cristiana – anche se accortamente il papa ricorda che il Regno è stato dato perché tutti gli uomini possano goderne anche qui sulla terra – è altrettanto dubbio che esse possano venir sinceramente attratte da una secolarista “lotta di classe” o da un qualsiasi Programma di nuova Europa o di Cittadinanza mondiale. L’umanità (non tutta ancora nei famosi Brics) è stanca e sfiduciata nella Politica tout court. Nessuna statistica o controstatistica, nessuna denuncia e/o proposta monetaria o fiscale possono riaccenderne la speranza.
Ma il Papa ha un vantaggio decisivo: parla all’Ecumene, e in nome di una Trascendenza, di un futuro e di un Al di là. E appare come il solo rimasto, legittimato a farlo: dopo Walter Benjamin e Gilles Deleuze (e forse alcuni tentativi della cosidetta “scuola italiana” cognitivo-marxista), non c’è una voce di filosofo, di scienziato, di naturalista che sembri poter unificare la prospettiva di un pensiero emancipativo. Nessun San Precario e nessun ecologismo, nonostante i movimenti che essi generano, hanno questa forza trascendentale, e quindi non possono com-muovere al Bene Comune (la stessa ‘pluralizzazione’ in “beni comuni” non ha giovato alla loro causa) – dacché il presupposto storico ormai dato per definitivo, quello antropocentrico e orizzontale ha castrato la mente (la psiche) umana del suo anelito alla trascendenza – intesa qual si voglia. Persino sulla scuola il papa ha chiare lettere: “si rende necessaria un’educazione che insegni a pensare criticamente e che offra un percorso di maturazione nei valori.” Un compito e una responsabilità colossali attendono questo papa e la sua ‘armata’ evangelica e – pur senza condividerne la teologia – non gli si può che augurare Buon Lavoro – se alle belle parole saprà far seguire i fatti (“la realtà è più importante dell’idea”, egli afferma).
Per quanto ci concerne, possiamo dire solo: finché ciascun uomo non compia ogni giorno qualcosa per la cura dell’ambiente che lo circonda – abbandonare in giro una lattina o una plastica dovrebbe già essere punito come reato grave (come lo è stato per estirpare il fumo nei luoghi pubblici, e via crescendo ai reati ambientali macroscopici) – finché ciascun uomo non senta l’intera Terra come parte di sé, finché non si volga non solo al “prossimo” ma persino alle stelle come compagne e amiche, nessuna politica e nessun software potranno re-innamorare alla vita comune, all’incommesurabile Stupore della creazione continua e condivisa – che è una forma di trascendenza.
NICOLA LICCIARDELLO
3 gennaio 2014
Un papa che viene dal fin del Mundo non può che essere apocalittico…ma più che di apocalisse forse sarebbe meglio parlare di apocatàstasi.