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VERSO L’IMPLOSIONE

12 agosto 2011

Mancano persino le parole per un commento sulla crisi d’Europa, del capitalismo occidentale e mondiale, e sulla disperazione in cui interi popoli vengono abbandonati. Mancano le parole e abbondano le analisi, le ricette ma non la terapia – perché è troppo tardi, perché occorrerebbero immediate azioni (non quelle di Borsa), cioè decisioni politiche comunitarie radicali, a tutti i livelli. Ma nessuno ha il coraggio di cambiare la “rotta” d’Europa, come l’ha chiamata con efficacia Rossanda. I terremoti finanziari sono il brodo naturale per “i mercati”, ossia gli speculatori, gli “usurai” del debito, come scrive Tonino Perna – mentre ai politici il sentirsi tremare la terra sotto i piedi rinforza le risposte autoritarie, perché non c’è  più il tempo di “fare filosofia”, si salvi chi può. Può far sorridere, se non fosse tragica, la retorica di chi si chiede come mai è potuto succedere un nazismo, quella volta, in Germania. Ma almeno di una cosa ci si può rallegrare: il capitalismo non ha più nemmeno i soldi per fare la guerra. Oggi Asor Rosa torna a gettare l’allarme, con qualche ironia verificando la sua prognosi su “un governo del Presidente”, che però è andato nella direzione opposta a quella da lui auspicata. Ma il Presidente serve solo a rassicurare i mercati sul proseguimento della rotta finanziaria. E’ come se in un affollato oceano navi, barche e barchette avessero tutte il timone bloccato in un’unica direzione, il neoliberismo, il massimo profitto privato – come se esistesse un luogo fisico dove realizzarlo. Un’idea folle, che non esisteva prima di Colombo. Le navi e barchette sono destinate ad andare in secca, se viene prosciugato il mare, cioè il benessere collettivo. Per contrastare tutto questo, per sbloccare quel timone e imboccare un’altra direzione, non basta ammutinarsi, occorre semplicemente prepararsi a una Rivoluzione, a un’altra meta – nulla è ancora successo, scriveva Kafka, questo non è più il tempo di aspettative, ma dell’attesa (dell’implosione), aggiuge Gianni Celati. Una rivoluzione comunitaria, informatica ed ecologica, forse. Che riparta da una gestione condivisa del territorio.

le nostre velette, se le porta tutte il vento

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