MAJAKOVSKIJ S-FINITO
Martedì 28 marzo 2023
S-finito ieri sera, 2 mesi di lettura per seicento pagine, il Majakovskij di Bengt Jangfeldt, miracolosamente ancor vivo Autore amico dei suoi Protagonisti, il libro della sua vita, il riscatto del più grande e così mal s-finito Poeta del Soviet, è così terribile la marcia funebre della sua “terza morte” – quando la commemorazione risorge con la perestroika, 60 anni dopo il suicidio. La quantità delle foto che si susseguono a di-mostrare ogni singola ora del protagonista, ogni sua debolezza, ogni sua ineluttabile verità, fino all’ultima lite con Nora, nella pretesa che per lui lasciasse all’istante il teatro e il marito, fino alla bocca rimasta aperta steso sul divano col foro rosso sul cuore nella camicia, forse già decerebrato… l’imbarazzante cervello di un kilo e 700 grammi, quello di Lenin solo 1300 grammi… mi ha fatto sentire come non-mai la Morte, la sua definitività, irreversibilità… incontrollabilità. Lili e Osip spensierati ad Amsterdam, dopo che per due mesi abbiamo assistito ad ogni piega delle loro labbra, ad ogni parola detta, ad ogni pensiero e dubbio trascorso nella loro mente… “Se fossimo stati a Mosca non sarebbe successo”, l’unico e ovvio pensiero inespresso, e il suicidio di Lili stessa, 48 anni dopo, già previsto da Majakowskij – vecchio mai, fatale sempre.
Merita il Nobel per la Letteratura Bengt Jangfeldt, per questa sua implacabile pazienza, per l’infinita delicatezza con cui narra le intenzioni e le espressioni dei suoi soggetti, Umanità amica e nemica, soccorritori e delatori, vittime e carnefici – merita il Nobel la sua eccezionale imparzialità, la restituzione, alla Cultura mondiale, del cuore dimenticato e improponibile della Rivoluzione – quella cocente del Novecento, calda, attualissima e impronunciabile della Russia. Le sue decine e decine di personaggi, il loro ininterrotto flusso in infinito chiaruscuro, politico, culturale, morale.
Sanza infamia e sanza lodo: proprio quello che un Dante disprezzava qui è l’assiduo protagonista, tra Mosca, Leningrado, Berlino, Parigi, New York. La ricchezza delle foto che documentano ogni pagina, ogni svolta di scena, ogni comparsa fanno di questo libro uno strumento di comprensione unico e insostituibile, e una commozione immensa trabocca alla sua lettura, come ai capolavori tolstojani, mentre prende corpo un insospettato Majakovskij, di estrema complessità, lucidità, generosità, preveggenza. Il suicidio non è un improvviso raptus, ma gli è archetipo e guida, destino. Attentamente programmato e rimandato fino al giusto momento storico. Con l’avvento del primo Piano Quinquennale di Stalin, che pure lo stima e lo protegge, non vi è più spazio per la Poesia.