MARIA ZAMBRANO – I BEATI
2 gennaio 2012
Nei primi anni 90 leggevo tutto di María Zambrano, era il suo tempo, il tempo della fine del suo esilio di 40 anni, e quello delle ultime opere, distillato di una vita di meditazioni, di “ragione poetica” come cifra della sua filosofia, giusto prima che finisse il millennio. Più ancora dei Chiari del bosco, mi colpì I Beati, una summa di distinzioni e connessioni fra le figure del “saggio”, del “santo” e del “beato”. C’è una tale pregnanza nella parola zambraniana (qui in bella traduzione di Carlo Ferrucci, Feltrinelli 1992), che la rende fragile e possente come fosse appena nata, e invece è l’ultimo stadio alchemico, dove sono consumate la tradizione classica, soprattutto stoica, con quella cristiana, soprattutto mistica. Los bienaventurados sono qualcosa di meno dei beati evangelici, ma forse aiutano a raffigurarli in qualcosa di più comune e terreno, a me ricordano i ‘matti’ scoperti dall’antipsichiatria negli anni 60, e anche gli artisti, i poeti beat, i sadhu indiani…
In quegli anni così decisi di leggere e registrare questi brani, perché tutto in occidente passa via con la moda, e invece così, su youtube, in questo àkasha o magazzino cosmico, tornano spero udibili e condivisibili. Non ho immagini plausibili dei beati, dei “poveri di spirito”, cioè completamente aperti allo spirito: ho dovuto usare foto di teatro, perché ormai solo il Teatro può trasmettere la Vita. Le mie fotografie scorrono comunque solo quale supporto tecnico alla voce, che a sua volta è solo un supporto della scrittura zambraniana.
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