L’INDEFINIBILE
9 luglio 2009
L’indefinibile
Inclassificabile
Irripetibile
parola, figura, evento
fuori linea o spaziotempo
l’indefinibile non ha uno stile
è Stile senza stile
è il Tremendo
silenzio senza respiro
Unico, sempre un Altro
l’indefinibile è raro
sempre più raro
troppo ci turba
che senza Leilui
non vi sarebbe vita
QUESTO BLOG
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Non poter condividere
è il dolore più grande
Condividere è la massima gioia
nicola licciardello 6 luglio 09
10 commenti
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Riconosco la tua VOCE, caro Nicola, piuttosto nella LUCE della tua immagine fotografica (“penombra toccata d’allegria”, direbbe Maria Zambrano) che non nella tua poesia, che mi sembra un po’ troppo ‘concettuale’. Ti riconosco nell’immagine in cui la “forza di radici” dell’albero che VIVE e CRESCE si coniuga con la “danza di desinenze” dell’acqua che SCORRE e S’INCRESPA.
E però forse non basta pro-nunciare e far sentire; c’è bisogno anche di e-nunciare, di far riflettere e di pro-vocare (dunque bene anche “L’indefinibile”).
Grazie per questo invito alla gioia che mi proponi.
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Grazie per il commento, così andiamo avanti: hai ragione, c’è bisogno di pro-vocare. Questo blog mi pare che non provoca abbastanza: invita a rispondere con i ‘propri’ atti unici ? cioè a mostrare stralci (presumibilmente Unici) di altri artisti, cari a chi risponde ? o con quelli di chi risponde ?
Insomma, in che consiste il GIOCO ?
GIOCO? Ma il blog è una cosa seria(le)!
“La prima parola che dobbiamo rivolgerci” – scrive Luce Irigaray – “è, quindi, la nostra capacità e accettazione di fare silenzio. Tale dovrebbe essere il primo cenno di riconoscimento rivolto all’altro in quanto altro. Nel silenzio, l’altro può avanzare verso di noi, così come noi possiamo avanzare verso lui, o lei. Questo silenzio non è propriamente parlando un mostrare (…) ma piuttosto, o anzitutto, un’indicazione a proposito della nostra attitudine a rinunciare a un significato organizzato solo dai nostri propri segni. E’ l’annuncio di un riserbo, non solo in noi per appropriarci ciò che accade, ma anche fuori di noi per lasciargli uno spazio-tempo per accadere”. (Condividere il mondo, p. 35)
“Poco ci consola perché poco ci affligge”
Pascal
L’INDIFFERENTE di José Hierro, traduzione di Alessandro Ghignoli
Adesso saremo felici,
quando non c’è niente da sperare.
Che cadano le foglie secche,
che nascano da fiori bianchi,
che importa!
Che splenda il sole o che arpeggi
la pioggia sul vetro,
che tutto sia menzogna
o sia tutto verità;
che regni sulla terra
la primavera immortale
o che declini la vita,
che importa!
Che ci siano musiche erranti,
che importa!
A che fine vogliamo musiche
se non c’è niente da cantare.
(da Alegría, 1947)
*da Poesie scelte- Raffaelli Editore, Rimini 2003
Ciao Nicola.fernanda
ciao Fernanda. Ce n’ho una io di peggio, che non ho il coraggio di mettere in una “pagina”.
MALEDETTA TU SIA LINGUA MIA
Ma esiste, può
esistere in un individuo
un interesse universale ?
i Santi – non i Beati che
la Zambrano dice indistinti –
i santi sono forse individui
che hanno realizzato
una compassione universale ?
che la praticano, volontari di pace ?
santa Teresa di Calcutta, Albert Schweitzer,
Che Guevara, Vivekananda, Ramakhrisna,
Aurobindo, il Buddha, il Cristo, san Francesco,
Platone e Plotino, Spinoza e Giordano Bruno
avevano un interesse nel Bene Universale ?
Ashoka, Marc’Aurelio, Obama volevano
il bene dell’Impero come strumento
per la pace universale ?
erano animati dallo Spirito del Mondo ?
Galileo e Einstein, anche se volevano
il proprio bene supremo, la propria felicità
personale, agivano per conto dello Spirito ?
Così è, se così sembra.
Dante dunque, anche.
Il fondatore della lingua in cui sto scrivendo.
Non sapevano le conseguenze dei loro atti.
Come il bene e la pace si trasformano
nel male, nella guerra, nell’odio.
Non importa, hanno fatto bene lo stesso ?
ma allora anche i traditori, i malfattori
i ladri, i corruttori, i tiranni hanno fatto,
e il loro male si è poi trasformato in Bene.
Bodhicitta dell’ira, dell’invidia, dell’avidità.
Erano necessarie tutte queste ideologie
del Bene e del Male, perché alla fine
al global bar di Facebook potesse apparire
il Vero Volto di ognuno ?
l’unico, cioè – quello della Vanità ?
Era necessario dunque fondare
questa lingua in cui scrivo
per poterla maledire ?
quanta fatica sprecata, la vita
e il suo dirsi nell’uomo !
Che tu sia male-detta, mia lingua
che tu sia preda d’altre lingue
più forti, che ti sbranino
che ti stuprino e polverizzino
dolce lingua d’amore e d’ogni illusione
“di cari inganni, ben sento,
non che la speme, il desiderio è spento”
Ma il mio desiderio è ora che
queste parole sprofondino nell’insignificanza
che ogni tua volontà receda
che tramonti tutta la tua ambizione
e trasmissione (certo da me partendo
da mio padre, mio nonno… giù fino
alle scimmie e ai batteri)
che i tuoi suoni tacciano
che tu sprofondi nel ventre delle stelle
arsa in polvere stellare
densità cosmica del vuoto
che sia distrutta ogni idea di rinascita
di senso, di bene-volenza, di musica !
che tu scompaia, lingua e razza umana
senza poterti cercare in altrove
che la vita non s’aggreghi mai più
che mai più “strisci e si trascini
tentando di tener nascosta entro di sé
la luce, penosamente assetata di un altro
corpo che la conforti”, dice Zambrano.
Questo pentimento cosmico
ora è l’unico desiderio
l’unica pace possibile.
Semmai qualcuno (con cui condivido)
la Verità esiste, è non colui
che vuole il Bene o il male delle creature
ma colui che non sa
e ricerca, sempre, finché ha fiato
la Via – la via per cosa ?
la via dell’ indistinzione, appunto
la via dei Beati.
Anche i cercatori devono estinguersi
– infatti, finché cercano
sono ancora la verità della vita
e non beati.
Quando cesseranno di cercare
non saranno più verità
ma un nulla, beatamente intraducibile…
nicola licciardello
24 febbraio 2010
I passo
.
Non ci sono più ponti
sotto cui s o s t a r e
tutto mi corre sopra a grande velocità
va verso un disegno di specchi di echi vuoti
tutto è vetro che si rompe.
Sto ancora qui
per terra dentro il pozzo
prosciugata
e nemmeno il suono del vento
può fingere per me un sorso d’acqua.
Sono secoli che qui dorme l’altra.
Ancora non è morta ancora nelle sue veglie viene a ferirmi
coi suoi vecchi pungoli e gli attrezzi arrugginiti
avvelena me: la sua fame senza fine.
Ha odore di guasto questa terra
malata di assenza ferita di arroganza.
Ha sapore di sangue questa vena che s’interra
e si disperde dove vorrei seguirla
dove vorrei spar(t)ire
in un verde le mie ultime spine.
.
II passo
.
La sciolsi
da me la deposi
sul filo dell’acqua
senza considerare la corrente
la furia di quelle lame
tra la roccia dei graniti
la memoria la squarciò
tagliò le gambe le braccia
la bocca schizzò solo sibili
rimase in equilibrio a mezz’aria
tagliata con il ventre aperto come se
di punto in bianco
nella pagina di un nuovo immenso silenzio
avesse potuto partorire una verità
assoluta
come se avesse potuto assolversi
come se la storia avesse potuto stare lì
tra quelle interiora massacrate
vocabolario di miserie e nefandezze mai sillabate
in cataloghi di alcuna lingua.
Deglutii
la lasciai morire
lasciai che in me
ritornasse sangue.
Ciao Nicola, è l’intera storia quella che hai scritto, ma la porta, in tutto quel portare alla luce, che chiuda o apra sulla volontà di dare un senso a ciò che non ne ha…ha cardini così pesanti che meglio sarebbe scardinare ogni cosa.
Ciao,f
Sì, cara Fernanda, sono pienamente d’accordo col tuo giudizio sulla mia MALE(bene)DIZIONE (l’ho letta con ferocia in strada ai giovani del ghetto, ma uno di loro che ha filmato non mi vuol dare il video), ed è opposta a quella letta all’Anfora. Ma nemmeno la tua, bellatroce poesia di guerra, “scardina tutto”. E’ già stato scardinato tutto anche linguisticamente, e così rovescio il tuo “tanto vale” in Bene-dire il Male.
(mala ?) buonanotte
Nicola
ne ho anche io una abbasta male-detta.
m a l e detta parola
mon(a)ca p o e s i a fatta di fiato
parola amministrata dentro un cart(ell)one di disegni
parola somma senza calcolo astenuta estenuata parlamentare parola
impiastricciata gitante parola gigante
malgovernata tabulata infuriata parola che s’inturbina si staglia s’impenna
si strimpella dentro le orecchie bacheche
di chicchesia prova letta
allettata parola bis-bis-bigliata bi- lingua parola (s)bocc(iat)a
sfoderata ai quattro sensi nel palatino
del cucca e magna et imperat.
Parola inzaccherata truffata truffatrice camuffata da fattrice
intruppata e letta parola
in palchi falcoscenici dell’io
avviluppato in spira(to) dire e ire
nutrire ciò che nessuno vede: la fabbrica continua di una lurida guerra.
P(a)role di parole
parola per parola incanalate incancrenite parole
nella gola di una smania senza giusta giustizia
giustiziata parola da commercio
tetta culo e ficca nel retto
monumento aggiustato da un p i c c o n e ll’ a u d i t e l ‘ uffizio santo
e sacrificale del legare in un solo visibile l’ incrocio laterale
in-patto l’ori-fizio arti-colato artefice di un orto papabile
nelle gonadi di un cuore artificiale
cuore senza più cure né spessore o suono
spesso rateizzato cuore dell’inganno
tableaux del culto di ciò che sta dietro
molto dietro il dietro di ogni uomo.
Ciao, f.
Perfettamente consona alla mia, denuncia anzi più puntuale radicale totale (la mia invece ne ‘approfitta’ per de-generare il nichilismo, etc).
ciao, a presto,
N